Perché molte specie viventi, dai pesci agli uccelli, dai rettili agli insetti, offrono alla vista livree sgargianti e accostamenti cromatici arditi? Charles Darwin attribuì l’ampia varietà di colori alla selezione sessuale. Poi venne il paleontologo Charles Doolittle Walcott, autore nel 1909, della scoperta di uno dei più preziosi giacimenti fossiliferi del mondo: gli argilloscisti di Burgess Shale (Canada), resi celebri da Stephen Jay Gould [1].
Quei fossili hanno qualcosa di speciale: sono gli unici testimoni di quel Big Bang biologico che 570 milioni di anni fa diede origine sulla Terra a una straordinaria varietà di forme di vita, la cosiddetta Esplosione Cambriana. In 5 milioni di anni (tra 543 e 538 milioni di anni fa) i diversi tipi di animali (phyla) passarono da 4 a 38: lo stesso numero di oggi. La spiegazione avanzata da Andrew R. Parker, [2] ricercatore a Oxford e al Museo Australiano di Sidney, chiama in causa la vista e i colori e identifica la l’origine dell’occhio nei trilobiti come causa dell’Esplosione Cambriana. Secondo Parker, inoltre, le microstrutture presenti sulle corazze degli animali che componevano la fauna marina del Cambriano medio (circa 515 milioni di anni fa) avrebbero avuto un aspetto iridescente.
1990 Parker scopre una particolare forma di iridescenza in alcuni gruppi di ostracodi non dovuta a pigmenti ma alla struttura, a reticolo di diffrazione, che caratterizza la superficie dell’esoscheletro di questi crostacei, come i riflessi colorati sulla superfice di Cd e Dvd e degli ologrammi presenti su banconote e carte di credito.
Il 26 agosto 2009 la rivista online Biology Letters ha pubblicato un articolo firmato da un gruppo di paleontologi e di ornitologi (guidato da Jakob Vinther del Dipartimento di Ecologia e Biologia evoluzionistica dell’Università di Yale) [3] in cui si descrive per la prima volta in un fossile il fenomeno dell’iridescenza, ovvero alla capacità di cambiare colore in base all’incidenza della luce. Il campione è una piuma fossile di 40 milioni di anni fa, rinvenuta in Germania, nella quale il fenomeno è dovuto a sottili nanostrutture con minuscoli granuli contenenti melanina, disposti sulla superficie della piuma.
Pochi giorni fa, il 28 ottobre, l’Università della California a Los Angeles ha annunciato i risultati di una ricerca [4] condotta da Gregory Grether (docente di ecologia e biologia evolutiva) e Christopher Anderson (fresco di dottorato con Grether). [5]
Studiando il comportamento di una libellula (Hetaerina) i ricercatori californiani hanno scoperto che differenti colorazioni hanno lo scopo di distinguere maschi della loro stessa specie, che sono rivali, da quelli delle altre specie, che rivali non sono. Alla medesima conclusione, per alcune specie di pesci, era giunto anche il zoologo austriaco Konrad Lorenz: il sistema di riconoscimento basato sui colori ha lo scopo di limitare gli scontri allo stretto necessario, non essendovi vantaggi nell’attaccare individui appartenenti a specie con le quali non si è in competizione.
Andrea Mameli
Ricercatore CRS4 e giornalista scientifico
[1] La vita meravigliosa, S. J. Gould, Feltrinelli, 2007.
[2] In un batter d’occhio. La cuasa del più spettacolare evento nella storia della vita. A. Parker, Zanichelli, 2005.
[3] Structural coloration in a fossil feather (Jakob Vinther, Derek E. G. Briggs, Julia Clarke, Gerald Mayr, Richard O. Prum)
http://rsbl.royalsocietypublishing.org/content/early/2009/08/20/rsbl.2009.0524.abstrac
[4] Why do animals, especially males, have so many different colors? (Stuart Volpert, UCLA Newsroom)
http://www.newsroom.ucla.edu/portal/ucla/why-do-animals-especially-males-111815.aspx
[5] Interspecific aggression and character displacement of competitor recognition in Hetaerina damselflies (Christopher N. Anderson and Gregory F. Grether) Proceedings of the Royal Society Biological Sciences, Octoreb 28, 2009
http://rspb.royalsocietypublishing.org/content/early/2009/10/27/rspb.2009.1371.abstract
(1 novembre 2009)